Sarà forse questa la morte?

Al tramonto
Attraverso affanni e gioie
abbiamo camminato mano nella mano;
da questo viaggio riposiamo
ora sulla silente terra.

Le valli discendono attorno noi,
già l'aria si abbruna;
solo due allodole ancora salgono,
e sognano nell'aria profumata.

Avvicinati e lasciale frullare;
è tempo di dormire;
non perdiamoci
in questa solitudine!

O vasta e silenziosa pace!
Così profonda al tramonto!
Come siamo stanchi di vagare
è forse questa la morte?

Im Abendrot
Wir sind durch Not und Freude
Gegangen Hand in Hand:
Vom Wandern ruhen wir beide
Nun überm stillen Land.

Rings sich die Täler neigen,
Es dunkelt schon die Luft,
Zwei Lerchen nur noch steigen
Nachträumend in den Duft.

Tritt her und laß sie schwirren,
Bald ist es Schlafenszeit,
Daß wir uns nicht verirren
In dieser Einsamkeit.

O weiter, stiller Friede!
So tief im Abendrot,
Wie sind wir wandermüde –
Ist dies etwa der Tod?

In questa poesia poesia Im Abendrot (Al tramonto) di Joseph von Eichendorff, c'è tutta l'intensità di un'esperienza giunta alla fine e non è un caso se poi è stata scelta da un Richard Strauss ormai vecchio, per concludere la propria esperienza creativa e congedarsi dalla vita, intonando quella che è una vera e propria celebrazione dello sfiorire, un inno al tramonto che adombra evidente il presagio della morte.

Compresa nei Vier lette Lieder (Ultimi quattro lieder), questa musica intrisa di una profonda malinconia ci parla della solitudine, una condizione che trascende il livello individuale per farsi universale; è la solitudine dell'intellettuale, ma è anche la solitudine dell'uomo comune, il quale scopre l'inutilità delle convenzioni sociali, la fragilità delle forme sulle quali ha basato la sua intera esistenza.

Chi frequenta spesso questo blog avrà di certo notato il mio silenzio su un fatto di cronaca che in questi ultimi mesi sta tenendo banco nel nostro Paese.

Non è stato per mancanza di tempo, né di opinioni in merito. Semplicemente non volevo speculare su una vicenda che di sofferenza ai diretti interessati ne ha già procurato fin troppa. Vorrei che scendesse finalmente il silenzio, perciò anche in questo post non farò nomi e non li metterò nelle tag

Se lo facessi incrementerei notevolmente gli ingressi in questo blog, ma non ho intenzione di approfittare del dolore altrui.

Come la penso l'ho già detto anche altrove qui dentro ma lo ripeto ora: qualsiasi cosa si decida adesso, in qualche sarà modo sbagliata. La verità è che non avremmo dovuto arrivare a questo punto.
Sono decenni che si chiede da più parti di prendere una posizione sulle decisioni di fine vita e sono decenni che si fa di tutto per non affrontare l'argomento.

Quello che sta accadendo oggi, sulla pelle di una persona, è il risultato di questo vuoto decisionale.
Forse è vero che la nostra vita non appartiene a nessuno di questo mondo, ma allora perché in mancanza di "Altro", qualcuno pensa di avere più diritto di me sulla mia vita?

Se non mi è stata data la possibilità di decidere per me quando avevo le capacità di farlo, se non posso decidere per me quando le capacità non le ho più. Se per me non possono decidere mio padre o mia madre o i miei amici, ma perché diavolo deve farlo lo Stato o qualsiasi altra Istituzione per cui io sono solo un essere tra i tanti?

E comunque mi chiedo come si fa a pensare che in tre giorni, sull'onda emozionale di un caso specifico, si possa trovare "la soluzione giusta", visto che in decenni di tentativi non si è mai riusciti a trovarne una anche solo accettabile.
È un problema complesso da analizzare in profondità, con calma e senza pregiudizi di sorta. Ma qualsiasi cosa si decida, non può riguardare il caso in questione, perché, lo ribadisco, qualsiasi scelta creerà sofferenza a qualcuno.

Lo chiedo da medico, lo chiedo da giornalista, lo chiedo da cittadina di un Paese che mi rappresenta sempre meno.
Basta!

È venuto il momento di fare silenzio.

Lascia un commento

I mali dell'età

Medici a teatro, tra malori e passioni

Leggi anche
Contentsads.com