Delio Rossi, che lezione di stile dai “mutilatini”!

Mi era quasi sfuggita, ma d'altra parte se avessi sentito con le mie orecchie la frase che l'allenatore della Lazio, Delio Rossi, ha pronunciato in conferenza stampa mercoledì, a proposito dell'esito del derby con la Roma, mi sarei trovata nell'antipatica posizione di dover decidere se riferirla, denunciando l'ennesima caduta di stile di uno dei tanti personaggi che si aggirano nel mondo del calcio, o soprassedere per non dare ulteriore risalto alla scemenza dell'anno.

A togliermi dall'impiccio ci hanno pensato proprio loro, le vittime involontarie della castroneria di Rossi che, colmando con sovrabbondanza la carenza di stile dell'allenatore laziale hanno invitato una lettera a numerosi giornali e quotidiani non per alimentare polemiche ma per invitare il colpevole ad andarli a trovare per toccare con mano quanto amore per il calcio e la vita hanno i mutilatini e quanto la sua affermazione può aver ferito questi ragazzi.

Ma vediamo i fatti.
Mercoledi pomeriggio, Delio Rossi per attenuare il peso della sconfitta della sua squadra ha testualmente detto: "E ricordiamoci che la Roma una settimana prima aveva battuto il Chelsea, non abbiamo mica giocato contro i Mutilatini di Don Gnocchi".

La reazione della politica non si è fatta attendere troppo e infatti il consigliere comunale Daniele Ozzimo ha preteso le scuse immediate di Rossi alla parte lesa. "Forse Delio Rossi non sa che ‘I Mutilatini del Don Gnocchi' fatti oggetto di scherno, amano lo sport, il calcio e probabilmente molti di loro anche la Lazio" – ha dichiarato concludendo la sua richiesta con uno sfogo personale. "L'amarezza per queste affermazioni del tutto fuori luogo – detto infatti – è ancor più grande perché sono note a tutti la sensibilità e le concrete iniziative di solidarietà che hanno visto protagonista la SS Lazio, la squadra e i suoi tifosi. Lo dico da laziale, e mi auguro che il tecnico bianco celeste, che apprezzo sia come uomo che come tecnico, spenda poche e chiare parole di scusa verso quei tanti ragazzi e ragazze che forse più di ogni altro vivono con straordinaria emozione le vittorie e le sconfitte della propria squadra del cuore".

Tuttavia è proprio il messaggio che il responsabile del Servizio Comunicazione della Fondazione Don Gnocchi, Emanuele Brambilla, ha fatto recapitare all'interessato che colpisce per lo stile e la calma mantenuta vista la gravità dell'affermazione. "Intelligente, garbata, fin troppo serena" come l'ha giustamente definita il giornalista Franco Bomprezzi, nel blog di Francamente.

Vi riporto quindi la lettera perché come dice Bomprezzi "è ora di cambiare cultura. Basta con battaglie primordiali dove ogni volta bisogna ripartire dell'alfabeto".
Sì, basta con i Delio Rossi di turno, figli di un mondo dove non ci si vergogna più di nulla. Si apre la bocca e via, soprattutto davanti a uno o più microfoni
"Leggo sulla Gazzetta di ieri la dichiarazione dell'allenatore della Lazio: «Mica abbiamo perso con i mutilatini di don Gnocchi ». Sono convinto che Rossi non avesse alcun intento offensivo e non vogliamo affatto fare polemica: non è nel nostro stile. Ma perché non approfittare della citazione per ricordare al mondo del calcio la realtà della Fondazione don Gnocchi oggi e della squadra di calcio dei ragazzi disabili? Per esempio Beppe è il portiere della squadra di calcio dei ragazzi del centro «Santa Maria Nascente» di Milano della Fondazione don Gnocchi (nella foto, ndr). Non ha braccia né gambe, eppure affronta ogni partita con le stesso entusiasmo e l' identica voglia di vincere dei suoi più affermati campioni. Ogni sua parata, ogni tiro respinto è un traguardo per noi inimmaginabile. Beppe e i suoi compagni di squadra la capiscono, caro Delio Rossi: una sconfitta nel derby – tanto più se di misura o comunque immeritata – è difficile da digerire. Ma Beppe un po' c' è rimasto male, quando ha letto sui giornali quella sua frase. Non solo: lui è convinto che quel gol, forse, non l' avrebbe preso. E come dargli torto? Ogni volta che scendono in campo, quei ragazzi dimostrano una tale passione per la vita che si rivela occasione di crescita per le coscienze e momento di riflessione di una società che deve ancora imparare a misurare il passo del proprio peregrinare con il ritmo di marcia degli ultimi. Allora, caro Delio Rossi, perché non accoglie l' invito di quei ragazzi e non viene a far loro visita, magari in occasione di una loro prossima partita? Si accorgerà – e lo potrà poi raccontare a tutto il mondo del calcio, al quale questi ragazzi sono particolarmente legati – che i disabili non sono solo una provocazione a certi stili di vita diffusi nella società di oggi, ma sono anche portatori di doni preziosi da spalmare nel cuore della convivenza umana.
Con il più sincero «in bocca al lupo» per il prosieguo del campionato Emanuele Brambilla Responsabile servizio comunicazione Fondazione don Gnocchi!
"

Il giornalista della Gazzetta Franco Arturi a cui è stata inviata la missiva, ha risposto di essere convinto anche lui "che Delio Rossi non ripeterebbe oggi quella frase e che andrà a trovare i ragazzi", ringraziando di cuore Brambilla "per questo messaggio di sport e di civiltà" e aggiungendo che per lui "Beppe è un mito".

Sono convinta anche io che Rossi non ripeterebbe più l'errore, peccato che la storia ci insegni che se non lui qualcun altro lo farà e prima o poi saremo qui a dover ripetere la stessa identica richiesta di scuse da girare agli offesi.
Insomma non è che ogni persona deve sbagliare a spese sue e di altri prima che si smetta di comportarsi da incivili. Tanto più che in questo caso Rossi non ha nemmeno la scusa di essere stato sorpreso a caldo dopo la sconfitta.

Che si impari a pensare prima di parlare altrimenti questo mondo va allo sbando.

L'ho già detto in questa settimana parlando della campagna sulla violenza alle donne ma lo ribadisco qui: la nostra libertà di pensiero o parola finisce nel momento in cui inizia quella altrui.

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