L'intervista al ricercatore: I commenti, ed una confessione

di Gianfranco Di Mare

Performance Engineer

L’intervista sullo stato della Ricerca in Italia pubblicata mercoledì ha suscitato una serie di commenti (alcuni dei quali potrete leggere cliccando alla voce “Commenti” di quel post). Una delle cose che mi ha più colpito è stata la cinica rassegnazione, mista ad un atteggiamento del tipo “ma che, credevate che io non lo sapessi già?!” di alcuni interventi. Oppure la sconsolata rassegnazione di altri. Mi riferisco anche a commenti non apparsi su queste pagine, giuntimi per altre vie.

Io penso che in questi commenti stia una chiave di interpretazione delle cose nazionali. L’intervistatore diceva, ad un certo punto, che se nei paesi anglosassoni avessero ascoltato le chiacchiere di corridoio dei commissari durante i concorsi sarebbero arrossiti. Noi, invece, sentiamo dire che otto professori universitari su dieci hanno fatto carriera firmando articoli che non sarebbero neanche riusciti a leggere, che hanno vinto concorsi solo per spinta politica, e che in Italia si pubblicano risultati sperimentali inventati perché non si ha il tempo di fare gli esperimenti davvero, e diciamo “ma quale shock: si sapeva”.

Signori, io sono shockato un’altra volta; e forse, da italiano, ho una colpa: non sono shockato abbastanza.

Image courtesy elenasomare.com

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