Nell' "eccitazione" da telefonino il segreto per salvare la memoria

Il telefonino “eccita” il cervello, stimolando la corteccia cerebrale di chi lo usa per chiacchierare. Ed è una buona notizia.

L’annuncio del gruppo di ricercatori italiani coordinati da Paolo Maria Rossini, direttore scientifico dell’Associazione Fatebenefratelli e docente di Neurologia del Campus Bio-medico di Roma, non è infatti l’ennesimo allarme sugli effetti dannosi dell’uso dei cellulari, ma la presentazione di un progetto importante che potrebbe portare allo sviluppo di terapie ’scudo’ per la memoria e l’attenzione, spesso scalfite dall’andare degli anni, sfruttando uno degli effetti noti sul cervello di questi dispositivi.

Già un precedente studio condotto dallo stesso team multicentrico*, aveva dimostrato che l’esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza di bassa intensità, tipo appunto quelli emessi dai cellulari, è in grado di modulare per diverse decine di minuti l’eccitabilità della corteccia cerebrale in giovani sani.

Ora il nuovo progetto di ricerca, presentato ieri a Brescia nel corso del X Congresso nazionale per la ricerca biomedica e sanitaria (AFaR), nasce con l’obiettivo di verificare se l’esposizione a campi elettromagnetici prodotti dai cellulari possa modificare l’eccitabilità della corteccia cerebrale in persone anziane con declino cognitivo lieve, messe a confronto con un gruppo di coetanei in normali condizioni.

E i primi risultati lasciano ben sperare.

Dalla sperimentazione su 20 pazienti – 10 con decadimento cognitivo, 10 sani – è emerso che dopo 45 minuti di esposizione a campi elettromagnetici di tipo GSM900 si ha una significativa variazione dell’eccitabilità corticale dell’emisfero cerebrale esposto alle onde del telefonino nel gruppo di pazienti con declino cognitivo, mentre non si riscontrano alterazioni significative nel gruppo degli anziani sani.

I risultati di questo studio, pur se preliminari, dimostrano dunque che “il cellulare è in grado di modificare transitoriamente l’eccitabilità della corteccia in maniera statisticamente rilevante nei giovani e negli anziani con decadimento cognitivo“. Ed è questa, a ben vedere la vera novità che fa sperare nello sviluppo di nuove terapie per le malattie cerebrali degenerative. In studi futuri si valuterà, infatti, se questo fenomeno sia in grado di migliorare o ridurre in via transitoria alcune facoltà cognitive correlate, quali l’attenzione e la memoria.

La possibilità che l’uso del telefonino possa avere anche effetti deleteri sul cervello o su alcune delle sue funzioni, non è escluso del tutto. Tuttavia, considerata l’importanza riconosciuta all’eccitabilità corticale nella promozione della plasticità del cervello, alla base di meccanismi importanti quali l’apprendimento e il mantenimento della funzione nonostante i fenomeni di invecchiamento cerebrale, gli studiosi ipotizzano che l’esposizione ai campi elettromagnetici dei GSM possano essere un innovativo e non invasivo metodo per modificare la funzione cerebrale e possibilmente promuovere fenomeni di plasticità cellulare a scopo sperimentale, diagnostico, terapeutico.

*La ricerca è stata condotta con lo stesso coordinamento di Rossini e vede tra i firmatari Florinda Ferreri, del dipartimento di Neurologia dell’università Campus Bio-medico, e ricercatori provenienti dall’ateneo di Kuopio (Finlandia), dall’ospedale Fatebenefratelli all’Isola Tiberina (Roma), insieme all’Irccs San Raffaele Pisana (Roma), alla Casa di Cura San Raffaele (Cassino), e al dipartimento di Sanità dell’università dell’Aquila.

Fonte: Adnkronos Salute

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