Pistorius, l’uomo dei sogni, e l’incubo dei disabili

Dopo la sentenza del Tribunale Arbitrale dello Sport (TAS) di Losanna che ha restituito a Oscar Pistorius la possibilità di partecipare ai prossimi Giochi di Pechino, l'atleta sudafricano sembra aver spiccato il volo. Tante le novità in cantiere e qualcuna parla anche italiano. Del resto Pistorius non ha mai nascosto di aver trovato proprio qui da noi un affetto e una solidarietà incredibili al punto di considerarci un po' la sua seconda patria e credendo nel made in Italy forse più di noi.

E infatti, appena tornato in Sud Africa per riprendere la preparazione a pieno regime, ha subito promesso che sarà "una Ferrari" grazie all'accordo di sponsorizzazione appena siglato con la Pirelli. "Per ora si tratta semplicemente di una sponsorizzazione, ma sono convinto che presto si trasformerà in qualcosa di più importante. La Pirelli è una grande azienda e un marchio prestigioso che si prende cura di vetture velocissime come la vostra macchina simbolo. Ecco, col loro aiuto vorrei diventare anche io una rossa fiammante". Ovviamente Pistorius non ha deciso di "mettere il turbo" in senso letterale, però vorrebbe che l'Azienda italiana "gli rifacesse le scarpe". "Anche per me è importante l'aderenza, sia in curva sia in rettilineo per non disperdere l'energia della spinta. Pirelli ha in questo una grande esperienza e occupandosi delle suole delle mie protesi potrebbe darmi una marcia in più. Ma questo sarebbe solo uno dei tanti modi possibili per collaborare insieme" ha spiegato l'atleta.
La preparazione comunque procede bene, anche se la rinnovata popolarità comincia a dargli qualche problema. "Dopo la decisione del TAS tutti vogliono parlare con me e perfino in Africa, dove erano sempre stati più indifferenti rispetto al calore degli europei, ho trovato un'accoglienza strepitosa al mio ritorno. Il mio rammarico è che in questo momento devo concentrare tutta la mia attenzione sull'allenamento anche in vista della Paralimpiade e a qualcosa mi tocca rinunciare, ma non vorrei sembrare scortese declinando un invito, visto tutto l'affetto che mi è stato dimostrato".

In Italia però tornerà presto. Esattamente il 2 giugno, quattro giorni prima della Notturna all'Arena dove avrà la sua prima possibilità di staccare ufficialmente il biglietto per Pechino. Un appuntamento che non vuole proprio mancare.

L'ultima novità in salsa tricolore riguarda invece il libro che Gianni Merlo, giornalista della Gazzetta dello sport, sta scrivendo per raccontare l'incredibile corsa di Pistorius da ragazzo disabile a personaggio capace di aprire da solo una nuova epoca non solo nella storia dei Giochi olimpici ma nella società tutta. Un viaggio a ritroso nel tempo per ritrovare le radici del "disabile" che punta a Pechino. Si intitolerà "Dream Runner, in corsa per un sogno" e verrà pubblicato da RCS Libri con uscita il 4 luglio, corredato di tutto punto da una ricca serie di immagini tratte dall'album di famiglia.

Pistorius insomma non smette mai di stupire. Di lui in fondo si potrebbe parlare per ore e come ha detto Guido Tedoldi di Come se fosse sport nel bellissimo post Nuovi orizzonti della civiltà umana – che vi invito a leggere perché coglie il profondo significato storico-culturale della decisione del TAS –  "ne riparleremo".

Ogni discorso che lo riguardi in fondo si può concludere solo così: lasciando aperta la porta a nuove sorprese e spunti di riflessione. "In un mondo dai valori confusi, lo sport diventa un aggregatore di dibattiti e di domande etiche, e i suoi dirigenti riescono qualche volta ad aprire nuovi orizzonti per tutta l'umanità" scrive sempre il nostro blogger, ma per completezza di informazione vorrei riportare il discorso sull'implicazione meno piacevole dell'impresa di Pistorius, che poi dovrebbe essere anche il punto di partenza di qualsiasi discussione etica e il motivo per cui l'atleta sudafricano partecipando da disabile alle olimpiadi dei normo-dotati costituisce un precedente storico-sociale rivoluzionario ossia la condizione dei disabili oggi.

Si potrebbe pensare a traguardi da raggiungere senza sapere da dove si parte? Volendo vedere la corsa come una metafora della vita, non si può negare che ogni concorrente abbia bisogno della linea di partenza tanto quanto di quella di arrivo. Altrimenti non si può programmare la partenza, pregustare l'arrivo e soprattutto intuire lo sforzo che è necessario metterci.

Lo spunto per questa riflessione me l'ha servito su un vassoio d'argento la Gazzetta dello sport, pubblicando nel weekend la lettera che Tullio Grilli ha inviato a Fausto Narducci per la rubrica Non solo calcio (clicca sull'immagine a lato per leggerla).
Il lettore ringrazia Pistorius per le belle parole e la riconoscenza riservate al nostro Paese, ma si chiede (e ci chiede) cosa fa realmente l'Italia per l'handicap. Pistorius ha infatti più volte detto che "vorrebbe vivere in Italia" e che "Roma è magnifica", non sapendo forse (beato lui) che da noi i disabili non trovano parcheggio perché i pochi loro riservati sono occupati da chi non ne avrebbe bisogno ma vuole essere comodo, non possono transitare sui maricapiedi perché anche quelli sono occupati dalle macchine parcheggiate (male), hanno agevolazioni e aiuti che si contano sulle dita di una mano. Proprio l'altro ieri è stato pubblicato il rapporto dell'Osservatorio promosso dalla School of Management e dall'Ict Institute del Politecnico di Milano, insieme alla Fondazione Asphi Onlus da cui emerge che solo il 25 per cento delle aziende italiane usa tecnologie "assistive" per consentire anche ai disabili di lavorare.

Insomma a Tullio Grilli, e a me con lui, "fa molto piacere che il nostro Paese abbia aiutato Pistorius a fargli avere una chance per andare all'Olimpiade", ma ci piacerebbe anche che "tutti noi dessimo l'opportunità ai disabili come lui di uscire da casa, andare a fare la spesa, attraversare la strada, lavorare e vivere senza dover fare le Olimpiadi ogni giorno." Nell'ondata di commenti entusiasti seguita alla decisione del TAS ci siamo in pratica dimenticati che qui in Italia, Paese che ha idealmente adottato Pistorius, "siamo al Terzo mondo della civiltà per quanto riguarda l'attenzione all'handicap" come fa sapientemente notare anche Narducci.

Dobbiamo quindi ammettere che i disabili italiani, atleti e non, si riconoscono solo in parte nel caso limite del sudafricano, ma "sarebbe bello se si partisse da qui anche per fare breccia nel silenzio assordante che circonda le loro battaglie quotidiane". Parole sante quelle di Narducci. Speriamo che si vada oltre le parole e i facili entusiasmi del momento.

Del resto che Pistorius abbia trovato nel nostro Paese un luogo protettivo ed esageratamente ottimista oltre che ipocrita lo dimostra il fatto che da noi si è parlato di riabilitazione completa da parte del TAS, trascurando del tutto o quasi il fatto che altri Paesi come gli Stati Uniti parlano invece di una sentenza che ridà il diritto a Pistorius di partecipare alle Olimpiadi perché "nessun perito chiamato a valutare è riuscito a dimostrare con prove certe e incontrovertibili che le protesi dell'atleta gli conferiscano un vantaggio sugli altri".

Riparleremo del modo, più obiettivo anche se forse non meno ipocrita, con cui la stampa americana si occupa di Pistorius, ma pure delle protesi e degli aspetti psicologici di chi è costretto ad usarle. E tutto grazie al "nostro" atleta.

Lascia un commento

Tornare in forma dopo parto

La salute a Milano si fa mobile

Leggi anche
Contentsads.com