Professori, uccidete i vostri studenti di meraviglia!

La vacanza è finita! La campanella torna a suonare per gli 8 milioni di studenti che oggi hanno varcato le soglie degli edifici scolastici dislocati in nove diverse regioni per il loro primo giorno di scuola.

Per qualcuno si tratterà di un nuovo inizio. Per altri di riprendere un percorso già iniziato, con gli stessi compagni di viaggio di tre mesi fa.
Gelmini permettendo, alunni e professori si troveranno gli uni di fronti agli altri tra preoccupazioni, speranze e buoni propositi. Tutti gli altri guarderanno con quel misto di affetto e apprensione che lascia intravedere la nostalgia dei primi giorni di scuola ormai passati o il rimpianto per errori e occasioni perse tra i banchi ma non a una vera conoscenza del mondo scolastico. Ciononostante sono in tanti a elargire consigli ai protagonisti di questa nuova avventura. 

Il messaggio più bello che mi è capitato di leggere viene, però, da uno che la scuola non solo la conosce, ma la sta vivendo ancora sulla sua pelle e non è nemmeno così vecchio da lasciar pensare a un nostalgico della scuola alla De Amicis.
Sto parlando, infatti, del professor Alessandro D'Avenia, giovanissimo autore del romanzo di formazione edito da Mondadori "Bianca come il latte rossa come il sangue" che sta avendo tanto successo tra i ragazzi.
Da docente di italiano e latino in carica presso un liceo milanese, D'Avenia ha inviato una lettera ai colleghi pubblicata ieri dal QN/Sole24ore e sul suo blog Prof 2.0, in cui invita a "non deludere i propri studenti", a stupirli "con un argomento che desti la loro meraviglia". Di più: "A ucciderli di meraviglia!" Perché "è dallo stupore che inizia la conoscenza". Lo diceva già Aristotele ma da allora "nulla è cambiato", assicura D'Avenia.

Retorica, viene da pensare. Soprattutto se la si vede dalla parte di quegli insegnanti che vorrebbero poter stupire i propri studenti, ma che non potranno perché non hanno trovato posto in questa scuola.
Tuttavia, da psicoterapeuta non posso che riconoscere quanto sia inutile e controproducente concentrarsi solo sugli aspetti di un problema che non possiamo risolvere perché indipendenti da noi e dal nostro intervento, quando ci sono tanti altri aspetti su cui potremmo, invece, agire e da cui sarebbe più giusto partire.

"I vostri alunni sono trepidanti, – scrive D'Avia – perché il primo giorno di scuola attraversa il cuore di un ragazzo come uno stormo di promesse. Sperano che quel primo giorno sia un giorno nuovo, sintomo di un anno nuovo, una vita nuova, direbbe Dante. Rendete quel giorno la loro Beatrice.
Non li deludete.
"
"Date loro un giorno indimenticabile. Non chiedete delle loro vacanze, non raccontate le vostre. Fate lezione: con un amore con cui non l'avete mai fatta."
Non importa quale sia la vostra materia: "Stupiteli con un argomento che desti la loro meraviglia. Annichilite i grandifratelli, gli uominiedonne. Superateli in share con le vostre lezioni. Spiegate loro l'infinito di Leopardi anche se non è nel programma, fateglielo toccare questo infinito di là dalla siepe dei banchi. Raccontate loro la vita e la morte di una stella. Descrivete loro la sezione aurea dei petali di una rosa e il segreto per cui la si regala al proprio amore. Stupiteli", ma prima ancora "Stupitevi! Fatevi brillare gli occhi, fate vedere loro che sapete perché insegnate quella materia, che siete fieri di aver speso una vita intera a imparare quelle cose, perché quelle cose contengono il mondo intero."
"Stupiteli con la vita, quella che c'è dentro secoli di scoperte, conoscenze, fatti, libri. Fategliela toccare questa vita. Non torneranno più indietro. Sapranno di avere davanti un professore. Parola meravigliosa che vuol dire "professare", quasi come una fede, la vostra materia. Se professate questa fede – spiega il professore – toccheranno attraverso di voi le cose di cui hanno fame: verità, bene, bellezza. Le uniche cose per cui viviamo, che lo vogliamo o no. Tutti vogliamo un piatto buono, un amico sincero, una bella vacanza. È scritto nel dna che vogliamo quelle tre cose, anche se costano fatica. Diamogliele."

D'Avenia suggerisce poi un curioso esperimento mentale per spiegare il senso e l'utilità di questo approccio.
"Immaginate domani di entrare in classe. Durante la vostra lezione il mondo viene devastato da un'apocalisse. Per una serie di fortunate (!) congiunture siete rimasti vivi solo voi, con la vostra classe. Adesso dipende tutto da voi. Rimboccatevi le maniche, prendetevi cura di quei 20-30 come fosse il mondo intero. Che mondo sarà quello di domani? Dipende da te caro collega." scrive.

"Non ci sono ministri, riforme, strutture. Non c'è stipendio e ti è rimasto solo un libro: quello della tua materia. Nulla o tutto perché questa è "la scuola nella sua essenza. Tu e loro e quel che ci sta in mezzo: le parole. Gli animali si addestrano, gli uomini si educano: con le parole." "Da lì – scrive D'Avenia – devi partire per costruire il mondo intero. Quello è il punto di appoggio con cui sollevarlo, il mondo intero."
"Se loro vedranno in te il fuoco ti ripagheranno con uno stipendio che nessun altro mestiere dà: saranno degli innamorati del bene, della verità, della bellezza (cioè della vita). – conclude – Non saranno dei furbi, ma degli innamorati. Forse ti manderanno ugualmente all'inferno come Dante ha fatto – anche se per altri motivi – col suo maestro Brunetto, ma sapranno riconoscerti (come Dante) di avere insegnato loro "come l'uom s'etterna": come l'uomo si è reso immortale nella storia e come l'uomo si rende immortale al presente.
Caro collega, a te la scelta: un nuovo giorno, il primo, di una vita nuova.
"
E ancora: "Stupisciti. Stupiscili."

Mi pare un buon punto da cui partire per cercare ricostruire questa scuola. Perché non siamo qui a illuderci con le favole: i problemi ci sono e sono pure tanti. Mancano le risorse, mancano le strutture e soprattutto manca l'atteggiamento giusto alla scuola da parte di tutti.
Infatti, non c'è neppure un accordo sui contenuti da insegnare. Trovo molto interessante, a questo proposito, il commento sul quotidiano Il Giorno di ieri, in cui il giornalista Enrico Fovanna spiega perché "alle tre I della scuola Gelmini (Inglese, Internet, Impresa) vorrebbe veder aggiungersi presto anche le I di Italiano, Istituzioni e Informazione".
E questo la dice lunga sul fatto che a questa scuola manca tutto, a partire dalla sua essenza.
L'unica cosa che non manca sono i professori. E non perché non ci sarebbe bisogno della loro capacità di insegnare (o stupire), ma perché mancano i soldi per pagarli. Nessun insegnante può dirsi l'unico sopravvissuto insieme ai suoi alunni di un cataclisma: lo Stato e il resto della società ci sono e con esse pure le tasse e le spese. La soddisfazione da sola non può quindi bastargli per rimanere vivi. Così tanti insegnanti restano fuori. E tanti alunni pagheranno le conseguenze della riduzione del rapporto professori/alunni.

Buon primo giorno di scuola a tutti gli studenti e ai loro professori, che questo possa essere per tutti voi un giorno davvero indimenticabile. Nonostante noi che siamo qui a guardare eppure parliamo.

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