Analisi vocale per scovare l’autismo

Una nuova tecnologia messa a punto dai ricercatori dell'Università di Memphis consentirà di diagnosticare più precocemente l'autismo, a partire dalla voce.
Secondo gli ideatori del nuovo metodo, infatti, i vocalizzi e gli altri suoni emessi dai bimbi autistici anche molto piccoli si differenziano da quelli dei coetanei che non soffrono di questo problema. Da qui l'idea di mettere a punto un sistema ad hoc per l'analisi vocale, in grado di rilevare queste differenze.

L'analisi della voce come strumento diagnostico non è una novità assoluta. Lo stesso tipo di analisi è allo studio anche per la diagnosi precoce e non invasiva dell'Alzheimer e del Parkinson. Ma siamo ancora nel campo sperimentale. E, infatti, anche nell'autismo  le caratteristiche vocali non sono ancora usate a scopo diagnostico, benché, come ricordano gli autori nell'articolo pubblicato sulla rivista Pnas, "un piccolo numero di studi precedenti avesse suggerito la presenza di una 'firma' vocale marcatamente differente nei bambini con autismo."
"Mancava una tecnologia che consentisse di misurare questa caratteristica nelle situazioni cliniche", spiega ora Steven Warren, che ha preso parte alla ricerca, diretta da Kimbrough Oller, presentando Lena (Language Environment Analysis), il loro nuovo sistema basato sull'analisi automatizzata degli schemi strutturali dei suoni emessi anziché delle parole che invece ha già dimostrato le sue capacità diagnostiche con un'accuratezza dell'86% per questa patologia.

Arrivare a questo risultato non è stato facile. Per riuscirci gli scienziati hanno analizzato 1.500 tracce vocali (ciascuna relativa a 24 ore) ottenute applicando dei registratori a batteria ai vestitini di 232 bambini, dai 10 mesi ai 4 anni. In totale, nella ricerca sono state analizzate oltre 3 milioni di "espressioni vocali", in particolare, rispetto a 12 specifici parametri sonori associati con lo sviluppo vocale.
Tra questi, il più importante sarebbe la sillabificazione, ovvero l'abilità dei bambini di produrre sillabe ben formate, attraverso rapidi movimenti di mascella e lingua. Secondo gli esperti proprio questi suoni costituirebbero la base per la produzione successiva delle parole. Nei bimbi autistici, spiegano i ricercatori, fino ai quattro anni c'è uno sfasamento tra l'età e i valori per essa attesi. I piccoli pazienti non rispetterebbero, in pratica, le tappe di sviluppo vocale, a partire dalla sillabificazione.

L'autismo, come spiegano gli autori dello studio, è una parola dietro cui si cela in realtà "uno spettro di condizioni caratterizzate da difficoltà di comunicazione o relazione con gli altri, mancanza di abilità sociali, tratti ossessivi e comportamenti ripetitivi" e piuttosto difficile da diagnosticare fino a quando le difficoltà comunicative non diventano evidenti, cosa che nella metà dei casi avviene intorno ai 6 anni di età.

Ebbene, secondo i ricercatori "questa tecnologia potrebbe aiutare i pediatri a riconoscere i bambini con disordini dello spettro autistico da inviare da uno specialista già a 18 mesi". In questo modo, "l'inizio del trattamento sarebbe precoce e quindi più efficace".

Inoltre, poiché il software creato non analizza parole, ma schemi di suoni, la tecnologia potrebbe essere usata in linea di principio per uno screening dei disturbi dello spettro autistico in bambini di qualsiasi lingua. "La fisica del linguaggio umano – osserva, infatti, Warren – è la stessa in ogni parte del mondo, per quanto ne sappiamo."

Lena potrebbe dunque fare una grande differenza nello screening, nella diagnosi e nel trattamento dell'autismo.

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