Calcio malato: contro stress allenatori serve il mental coach

Dopo Guardiola, Rossi, Enrique lascia anche Guidolin: troppe pressioni nel calcio che conta. Ecco cosa fare per gli allenatori malati di stress. E un consiglio per tutti.

Il Campionato è finito. La serie A chiude i battenti tra sorrisi (pochi), lacrime (tante) e …spugne gettate. Eh sì, sono quelle degli allenatori che hanno detto “basta, così non vivo più”. Guardiola (foto), Enrique e ieri, a sorpresa, Guidolin. Perché non sono solo gli sconfitti a gettare la spugna. L’aver acciuffato per il secondo anno consecutivo l’accesso ai preliminari di Champion League contro ogni pronostico, viste anche le cessioni importanti di inizio anno, non è bastato, infatti, per convincere il tecnico dell’Udinese a restare in panchina: “Troppo stress. Mi fermo“, ha detto. Ma che sta succedendo ai “Mister” del calcio?

ALLENATORI SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI. Il gesto d’ira dell’allenatore della Fiorentina Delio Rossi che ha preso a schiaffi e pugni letteralmente un giocatore della sua squadra, Adem Ljajic, colpevole di aver reagito con stizza alla sostituzione, sembrava solo un caso a sé, per quanto choccante. Ma visto alla luce dei recenti addii illustri del calcio da parte di allenatori che ufficialmente si dichiarano “troppo stressati per continuare” sembra più uno spartiacque tra una risposta accettabile a un disagio e una che non lo è.

Prima del fattaccio c’era stato, infatti, l’addio altrettanto choc del tecnico Pep Guardiola al Barcellona per un possibile anno sabbatico. Dopo sono venuti quello di Luis Enrique, per scelta condivisa dagli azionisti della Roma per i risultati a dir poco altalenanti, ma non dai giocatori, e del “Re di coppe” Francesco Guidolin il cui Presidente ha già detto che farà di tutto per convincerlo che due mesi possono bastare per riprendersi dalla stanchezza. Perché questo ha detto in conferenza stampa a fine partita: “Adesso ho solo bisogno di riposare. Ma due mesi non mi bastano. Non saprei nemmeno come fare a  ripresentarmi a metà luglio: ho bisogno di più tempo“. Vincitori e vinti insomma accomunati da un malessere che sembra sempre più diffuso tra i coach: lo stress.

TROPPA PRESSIONE. Risulta più che mai chiaro, infatti, che nel calcio non sono solo i giocatori a venir sottoposti a pressioni e richieste eccessive, visti i danni che producono. Gli scatti d’ira improvvisi, gli abbandoni inaspettati per un senso di svuotamento fisico e mentale possono spiegarsi solo così. “Quando le richieste e le pressioni superano il livello gestibile da una persona, si diventa immediatamente più vulnerabili.“, dice Ferdinando Pellegrino, psicoterapeuta, direttore dell’Unità operativa di salute mentale dell’Asl 1 di Salerno ed esperto di sindrome del bournout. “Se si giunge a un livello di ‘arousal’, cioè di reattività psicologica, eccessivo – spiega all’Adnkronos Salute – l’organismo inizia a rilasciare sostanze come cortisolo e adrenalina che, alla lunga, possono logorare. Sono meccanismi messi in moto naturalmente dal corpo e che dovrebbero essere temporanei. Se perdurano più del dovuto e questo sistema di attività rimane costantemente allertato, la nostra capacità di gestione della realtà ne risente. E si può scoppiare“. Come evitarlo? Fermandosi prima. Capire in tempo che il nostro modo di vivere sta mettendo a rischio la salute è fondamentale. Ma occorre imparare ad ascoltare i segnali che il nostro corpo ci invia e trovare il coraggio di fermarsi se non c’è altro modo di fermare il circolo vizioso in cui si è finiti.

A volte basterebbe fermarsi quel tanto che basta per capire cosa c’è che non va e rimediare per ripartire più forti di prima. La maggior parte delle persone sottoposte a forti stress fatica invece a fermarsi proprio perché il meccanismo che le porta ad essere troppo stressate è lo stesso che le impedisce di dire basta: il voler vincere sempre, far contenti tutti, le manie di perfezionismo, spingono a concentrarsi solo su quell’obiettivo e a rinunciare via via a tutto il resto. In questo modo vengono meno anche le occasioni per staccare ogni tanto e quelle naturali valvole di sfogo dello stress che si accumula ogni giorno: la famiglia, gli amici, gli hobby. Col risultato che si accumula sempre più stress, ci si sente sempre più responsabili della situazione, ci si impegna sempre di più ma i risultati sono sempre meno proporzionati allo sforzo. Questo genera frustrazione, depressione, e altro stress. Fino a quando non diciamo basta o interviene qualcosa che ci obbliga a fermarci. Un crollo psicologico, un problema fisico, un evento o una persona che ci fa capire che così non si può continuare.

SERVE UN MENTAL COACH. Nel calcio, tutto sommato, sono più fortunati perché gli ‘allenatori mentali’ che ogni squadra mette a disposizione per migliorare la performance sportiva, in realtà fanno molto anche per prevenire questo tipo di problemi. Il guaio è che spesso gli allenatori pensano di non averne bisogno o che siano una necessità come il fisioterapista o il massaggiatori per chi va in campo. L’apporto dell’allenatore mentale è essenziale invece anche per loro. “Quando si lavora nel campo dello sport agonistico – aggiunge Pellegrino – non basta davvero essere bravi: bisogna lavorare costantemente sulla propria personalità, con l’aiuto di operatori appositamente formati che aiutino a prevenire o a gestire i momenti in cui la pressione è alle stelle“. Chi ne fa a meno è più a rischio.

Il consiglio per tutti resta comunque quello di fare attenzione ai sintomi che possono segnalare la presenza dello stress, compresi quelli che lo fanno in maniera atipica: “L’abuso di alcol, farmaci o sostanze stupefacenti, ad esempio – evidenzia lo psicoterapeutaoppure il ricorso ossessivo al gioco d’azzardo, che serve a canalizzare la tensione in qualcosa che apparentemente dà soddisfazione” sono altri potenziali sintomi di stress che spesso sottovalutiamo e tendiamo a non considerare problemi collegabili ad uno stato di tensione eccessivo che stiamo vivendo.

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