Troppi morti che parlano su Facebook

C'è un esercito di fantasmi che vaga su Facebook, il più popolare social network del mondo. Sono le persone iscritte che muoiono, lasciando dietro di sé una scia di messaggi, segnalazioni, richieste di amicizia, di cui la maggior parte verrà letta dai destinatari solo a morte avvenuta.

Be' certo, a chi non farebbe piacere ricevere un ragionevole preavviso in modo da avere un margine di tempo per sistemare le proprio faccende e chiudere i conti con la vita?! Purtroppo però questo non è possibile e la morte, quando arriva, coglie di sorpresa, lasciando spesso amare sorprese a chi resta e riceve i messaggi postumi. Ma questo accade anche fuori da Facebook o da internet, con le lettere, le cartoline, i messaggi lasciati nelle segreterie telefoniche.

Il dramma, semmai, è che con le nuove tecnologie questi messaggi si producono e inviano molto più velocemente, tanto che al momento della propria morte poterebbero essercene in giro parecchi. Ma soprattutto che nemmeno i responsabili dei vari servizi internet possono farci molto.

"E' un problema delicato: vedere amici morti che chiedono di mettersi in contatto con te può essere doloroso -ha ammesso una portavoce del network Facebook che più di tutti sembra colpito dal nuovo fenomeno – ma, con 500 milioni di iscritti, non si è riusciti ad automatizzare un modo per scoprire quando uno di loro muore e probabilmente non ci si riuscirà mai e non saremo mai capaci di evitarlo."

Piccola nota: l'ANSA nel dare questa notizia ha fatto presente che quello del morto che parla sta diventando un fenomeno su Facebook perché "tra i suoi utenti sono sempre più gli anziani".

A mio parere non centra proprio nulla, e semmai è vero il contrario. La fascia d'età più rappresentata e più attiva su Facebook è quella dei giovani ma non giovanissimi, cioè proprio quelli più a rischio di morte improvvisa per incidenti o altri fatti accidentali. Per quanto sia poco corretto fare classifiche del dolore o dello choc che può causare la scomparsa di una persona, è chiaro che né i giovani né i loro conoscenti pensano alla morte come a qualcosa di prossimo, al contrario degli anziani che, invece, più passa il tempo più cominciano a sentirla come una eventualità possibile.

Credo quindi che per il problema del "morto che parla" su Facebook, il decesso di un giovane lasci dietro di sé una scia molto più corposa di messaggi postumi e quindi di disagio in chi li leggerà.

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