Arte e salute intervista Ilaria Leccardi, autrice di "Polvere di magnesio"

Una delle prime domande che mi pongo quando mi trovo davanti a un libro che voglio leggere o recensire è perché l'autore ha voluto scriverlo. Il più delle volte la risposta che posso darmi e che poi ritrovo nel testo è l'esigenza personale, il bisogno da parte dell'autore di mettere il suo pensiero o le sue emozioni nero su bianco. Non mi era invece mai capitato di avere la netta sensazione che il libro in questione nascesse più come esigenza di un gruppo di persone.

Finora almeno. Perché Polvere di magnesio – Storie di ginnasti e ginnastica, il libro appena pubblicato da Bradipolibri di cui vi ho parlato nel post precedente, sembra rispondere proprio a un bisogno collettivo più che individuale, o di coppia, visto che alla sua realizzazione hanno collaborato in due.
Tante persone incontrate sulla nostra strada – ricordano Ilaria Leccardi e Valeria Minelle – ci hanno detto: «Dovete scrivere questo libro perché…». Perché i problemi di questo sport non sono problemi comuni. Perché quella dei ginnasti è una grande famiglia e qualcuno la deve pure ricordare. Perché i giornali festeggiano le medaglie (e neanche tutte) ma si dimenticano delle fatiche quotidiane.

Fatiche che Ilaria e Valeria conoscono bene, essendo entrambe ex-ginnaste.

Per sapere come è nata l'idea e come si è sviluppato questo viaggio in un mondo affascinante ma ancora inesplorato, soprattutto per chi non l'ha mai praticata e può seguirla attraverso i media solo in occasione dei grandi eventi internazionali, ho contattato direttamente Ilaria Leccardi che queste storie le ha raccolte personalmente con la collaborazione dell'amica Valeria.

Tu sei stata una ginnasta. Come hai cominciato e come è stata la tua carriera sportiva? Bei ricordi o anche una storia drammatica?
Ho iniziato a praticare ginnastica a 6 anni nella società Scapolan di Alessandria (all'epoca del gruppo sportivo Vigili del Fuoco). Per alcuni anni ho fatto formativa, poi nel 92 (mi sembra ma non ricordo esattamente) sono passata all'agonistica. Mai oltre gare di livello regionale. Nel 1994, dopo l'alluvione di novembre, la palestra dei Vigili del Fuoco è stata dimessa e la società ha iniziato lunghi anni alla ricerca di un posto dove allenarsi. Ancora non lo ha trovato adesso, nel senso che oggi anno è costretta ad aspettare le liste comunali per l'assegnazione delle palestre scolastiche. Tutto questo mina particolarmente il lavoro degli allenatori che sono stati costretti ad abbandonare la parte agonistica, dedicandosi esclusivamente alla ginnastica generale. L'unica parte "drammatica" è stata proprio questa, il disinteresse della città verso una società che era una vera e propria istituzione. Tantissimi bambini si sono allenati o hanno iniziato a fare sport in quella palestra. Per il resto la mia vita nella ginnastica è stata splendida, ancora oggi mi alleno con il mio istruttore di sempre Oreste Ciocala (a cui è dedicato il libro) e quest'anno mi è capitato addirittura di partecipare ancora a una gara del Mare di Ginnastica (Ginnastica generale) a livello regionale.

Ora sei giornalista? Come è avvenuto il passaggio, perché hai scelto proprio questa professione.
Fare la giornalista è sempre stato il mio sogno. Finite le superiori ad Alessandria sono andata a studiare a Bologna, Scienze della Comunicazione (laurea triennale) poi Discipline Semiotiche (specialistica, con tesi in Argentina sulla fabbrica autogestita Zanon di Neuquen) e quindi ho provato il test d'ingresso al Master di Giornalismo di Torino, dove sono entrata. All'epoca ero già pubblicista. Il Master mi ha permesso di fare il praticantato e dare l'esame di stato da professionista, che ho passato il 17 febbraio 2009. Ora sono in attesa di ricevere il nuovo tesserino… Più che altro è stato bello per me ritornare alla ginnastica grazie a questo lavoro. Ho sempre avuto un approccio al giornalismo interessandomi di politica internazionale e temi, per così dire, "impegnati". Invece nel 2006 sono andata a vedere il mio primo Mondiale (ad Arhus, quello vinto da Vanessa Ferrari) come tifosa (assieme al mio allenatore, Valeria Minelle, la mia compagna di allenamenti che ha collaborato al libro, e un altro paio di amici). Da lì ho capito che avrei potuto dedicarmi anche a questo sport per lavoro, oltre che per passione. E così è stato. Il primo accredito per una gara di ginnastica che ho chiesto è stato agli Europei di Amsterdam 2007, grazie a Il Biellese, bisettimanale di Biella che mi ha proposto di seguire l'azzurro Enrico Pozzo. Da quel momento non mi perdo una gara e sono riuscita anche a trovare una collaborazione con Tuttosport, dove ho effettuato uno stage la scorsa estate. Ad Amsterdam è nata anche l'idea di scrivere il libro.   

Veniamo al tuo blog. Lo hai chiamato Polvere sottile. Come quella che quotidianamente ci avvelena la vita senza che ce ne rendiamo conto a causa dell'inquinamento atmosferico? Come la polvere carica di sostanze tossiche che ha ucciso e uccide  subdolamente migliaia di lavoratori costretti a respirarla negli ambienti di lavoro? O come quella di magnesio che si respira nelle palestre di ginnastica artistica e che è il trait d'union di tutte le storie contenute nel tuo primo libro tanto da diventarne il titolo?
Polvere sottile è nato prima di Polvere di magnesio. Strana coincidenza, ma giuro, non voluta. Il mio ragazzo mi prende sempre in giro per questo ritorno della "polvere". Polvere sottile era proprio il tentativo (nato durante il Master in giornalismo) di dedicarmi a temi come il lavoro, gli infortuni, le lotte sindacali: la polvere sottile può essere ad esempio la polvere di amianto che ha ucciso decine di lavoratori della Eternit di Casale Monferrato, oppure il silenzio subdolo dell'insicurezza sul posto di lavoro. Era questo che intendevo. Purtroppo è un blog che non riesco ad aggiornare più di tanto. Ma quando posso cerco di dare notizie interessanti su queste tematiche. Poi è nato Polvere di magnesio e allora la coincidenza era presto fatta. Se vogliamo Polvere sottile può essere intesa anche come la mia curiosità, silenziosa e spesso su temi che a volte trovano poco spazio sui giornali.

Nel profilo del tuo blog scrivi "Amo scoprire il mondo e credo nella forza dei lavoratori. Ho viaggiato in America Latina, nelle fabbriche autogestite sporche di terra e sudore, profumate di lotta." È così che vedi la ginnastica?
La ginnastica, lo scrivo nel mio libro, è uno sport controcorrente, che non dà soldi, uno sport di fatica. A me questo piace raccontare, la fatica quotidiana, le storie che in pochi ricordano, ginnastica e fabbriche credo che abbiano questo comune denominatore. Non so se ci riesco, ma questo è il mio intento.

Scrivi anche "Voglio raccontare i popoli, vicini e lontani, che si battono ogni giorno per la propria salvezza". La lotta quotidiana del ginnasta lo distrugge o lo salva? E se si da che cosa?
Chi è ginnasta appartiene comunque a una grande famiglia. Dipende però da chi sono i tuoi padri. Io, pur non avendo mai fatto ginnastica ad alto livello, ho avuto un allenatore che non mi ha mai abbandonata, che per me è stato un vero e proprio maestro, che mi consiglia e mi ha saputo far crescere con certi principi e passioni. Purtroppo non tutti hanno questa fortuna, lo sport può salvare da diverse derive che spesso il mondo offre, però purtroppo ti può anche distruggere. Credo comunque che la ginnastica, a differenza di altri sport, sappia far crescere le persone, responsabilizzarle, far mettere loro in gioco la propria intelligenza.

E che magari può aiutarti a difenderti dai cattivi maestri se hai la sfortuna di incontrarne. Ma torniamo al libro. Come è nata l'idea e che ruolo ha avuto Valeria Minnelle?
Valeria è una mia amica di infanzia, prima di tutto compagna di ginnastica in palestra. Proprio in palestra ad Alessandria (la nostra città), nella società Scapolan, ci siamo conosciute. Lei è infermiera, quindi non fa assolutamente il mio lavoro, ma spesso siamo andate a vedere delle gare insieme. L'idea del libro è nata proprio così, durante una di queste gare: Europei di Amsterdam 2007, durante un'intervista con Enrico Pozzo che ci ha spiegato le terribili condizioni in cui è costretto ad allenarsi. Da lì è partita l'idea: Valeria ascoltava la mia intervista e alla fine ci siamo dette: "Ci vorrebbe proprio qualcuno che queste cose le scrivesse in un libro", un attimo di silenzio e poi lei mi ha detto: "Ma se non lo fai tu, che sei una giornalista, chi lo può fare?". E così siamo partite. Lei mi ha accompagnata in quasi tutti i viaggi che abbiamo fatto per raccogliere materiale e interviste. Io poi ho scritto il libro (di notte, in treno, in ogni attimo libero della giornata) ma lei me lo ha ricontrollato, mi ha dato qualche spunto, mi ha comunque seguita nella realizzazione.
A me piace dire che questo libro nasce da due ginnaste, è quello il suo bello, ginnaste mai di alto livello, comunque appartenenti alla grande famiglia delle ginnastica.

Quale è stata la storia che è stato più difficile raccogliere e raccontare? Quale ti ha colpito di più? E quale invece ti è piaciuta di più?
La storia più difficile da raccontare credo che sia stata quella di Adriana Crisci, una ginnasta splendida, campionessa negli anni '90, nella squadra olimpica di Sydney nel 2000 e poi ritiratasi nel 2002. Era stata il mio idolo da bambina (è mia coetanea, del 1982) e poi di colpo non avevo più sentito parlare di lei. Grazie al libro l'ho riscoperta, ho scoperto la sua storia difficile, di abbandono e crisi dopo aver lasciato l'attività agonistica, le derive a cui la vita l'ha portata, ma soprattutto la sua capacità di ripresa. Oggi allena giovani ginnaste e si dedica allo spettacolo e all'acrobatica. Ha una forza incredibile che trasmette a chiunque le stia vicino. La devo ringraziare per avermi insegnato molto.
Per il resto ogni singola storia mi ha colpita, perché forse sono fatta così, mi stupisco anche davanti alla quotidianità. Passerei giornate intere a guardare allenamenti e a scoprire piccole campionesse alle gare regionali. Quindi per me è stato bello conoscere i segreti dei grandi campioni, ma anche le storie incredibili e straordinarie di persone come Federico Chiarugi, ginnasta dell'epoca di Jury Chechi rimasto paralizzato nel 1986 per una brutta caduta in allenamento, ma mai allontanatosi dalla ginnastica, il suo mondo. Federico è morto lo scorso anno e io ho incontrato i suoi genitori. Anche questo è stato un momento di crescita
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Pensi che ci sarà un seguito?
Un seguito? Non lo so, mi piacerebbe che si parlasse in generale più di ginnastica. Io continuerò a farlo sicuramente. Vedremo come…

Oggi cosa ti manca di più della ginnastica?
In realtà nulla perché nel mio piccolo continuo a far parte di questo mondo. Con tutte le difficoltà della mia società, sono tornata a vivere ad Alessandria, e mi alleno un paio di volte a settimana. Più che altro mi diverto facendo acrobatica, corpo libero e volteggio, ma è uno dei modi che mi fa sentire più viva.

Il tuo libro è ricco di storie belle ma anche di storie ricche di emozioni forti, delusioni, sacrifici. Lo consiglieresti di più a un giovanissimo per farlo avvicinare alla ginnastica o per dissuaderlo se mai gli fosse venuto il desiderio? Cosa consiglieresti a un giovanissimo che vuole iniziare?
Credo che sia un libro in cui si possano ritrovare le persone che hanno praticato questo sport. Lo consiglierei a chi inizia per far capire un po' di più come sia questo mondo e per farlo avvicinare a questa splendida realtà. È vita e come in tutte le cose della vita ci sono aspetti negativi, bisogna rendersene conto e magari cercare di migliorarli, ma non nasconderli. Non credo che parlare solo degli aspetti positivi di una realtà sia fare il bene di quella realtà. Amo il mondo della ginnastica e grazie a questo libro io stessa ho imparato a conoscerlo di più.

Giovedì a Milano sono iniziati i Campionati europei 2009 e Vanessa Ferrari, dopo un lungo calvario è torna in pedana. Te la senti di fare pronostici? Cosa ti senti di raccomandarle?
Sono felicissima che Vanessa torni in pedana, l'ho vista in gara alla prima gara di serie A a Pavia, a febbraio e allora lei non mi sembrava convinta di voler partecipare a questi europei, ma credo soprattutto che avesse paura dei giudizi di chi era abituato a vederla in un certo stato di forma e a certi livelli. Pronostici no, spero solo che lei sia felice. Nella ginnastica non si improvvisa niente, se Vanessa è tornata in pedana davanti a un pubblico come quello del Forum è solo per un motivo ben preciso. Sa che può farcela.

Vanessa non ha mai nascosto la sua antipatia per i giornalisti, come vede te che sei giornalista ma anche ex-ginnasta? Ti accetta un po' di più?
Non lo so, bisognerebbe chiederlo a lei. Non so neanche se sa che sono stata un ex ginnasta, magari quando leggerà il libro lo scoprirà. Io non gliel'ho detto…

Come giornalista ti occupi di sport minori. Secondo te sparirà prima o poi questa definizione? Cosa si potrebbe fare per aumentare la visibilità mediatica di sport?
È difficile, soprattutto per la questione sponsor. Dovrebbe esserci più attenzione da parte dei governi, delle amministrazioni. Purtroppo non sono molto positiva in questo senso, il predominio di sport come il calcio è ormai assodato e non so cosa potrebbe far cambiare tendenza. Credo che la strada giusta sia quella di avvicinare i giovani, nelle scuole uno sport come la ginnastica artistica dovrebbe essere compreso nel programma almeno a livello base, invece spesso sono gli stessi insegnanti di educazione fisica a non conoscerla.

Pensi che i giornalisti potrebbero fare qualcosa?
Penso che i giornalisti sbaglino quando si limitano a inseguire il personaggio, il grande campione, tralasciando una certa realtà sportiva nei momenti in cui non ci sono competizioni, oppure abbandonando un campione quando smette di vincere. Per il resto non vorrei dire più di tanto. Spero che il mio libro aiuti a far conoscere un po' di più questo mondo, non solo nei suoi momenti di gloria.  

Non credi che l'informazione attraverso le nuove tecnologie potrebbe colmare la lacuna lasciata dai media tradizionali sugli sport minori? Io l'ho visto con le Paralimpiadi: l'interesse nel pubblico per questi cosiddetti sport minori ci sarebbe, si tratta solo attrezzarsi e dargli ciò che chiede, altrimenti si organizza da solo con le varie risorse del web. E infatti mi pare che anche la ginnastica su internet vada alla grande con numerosi blog, forum, community e ora social network come Facebook per non parlare di YouTube che è un vero e proprio video-archivio di immagini di gare e monografie di atleti.
Le nuove tecnologie per lo più possono aiutare a rafforzare proprio le "grandi famiglie" degli sport minori. Io vedo il caso di facebook, senza questo strumento sicuramente anche il mio libro non avrebbe suscitato così tanto interesse, o per lo meno molte meno persone lo avrebbero conosciuto. Purtroppo i media tradizionali puntano molto sugli sport che attirano sponsor e non si vedrà mai una gara di ginnastica trasmessa in prima serata come una partita di calcio, ma ci sono migliaia di persone che vanno a cercare le imprese dei propri idoli su programmi di raccolta video, come youtube, o luoghi dove si creano gruppi di interesse, come facebook. E dove ci sono gli appassionati certo ci sono anche i curiosi, quindi questi strumenti possono aiutare a raccogliere altra gente, anche nuova. Il problema però credo che sia sempre quello del digital divide, molte persone ancora non usano il computer e purtroppo la televisione è limitata rispetto agli sport minori, che trovano sempre meno spazio nei contenitori di informazione.

E chissà che il tuo libro non contribuisca un po' a cambiare le cose. Noi comunque ci ritorneremo presto, qui su Arte e salute, perché penso che gli spunti di riflessione non manchino. Quindi il nostro è arrivederci.

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