Emilio Salgari: 150 anni fa la nascita del papà di Sandokan: una citazione folle

«Tutte le follie di cui un uomo è capace io le ho provate: nato in una notte di tempesta, vissuto fra le tempeste e gli oceani ove l’anima diventa selvaggia, e le pazzie del giornalismo ove la pazzia diventa un dovere, la mia vita doveva essere tempestosa per necessità.»
Emilio Salgari, lettera ad Aida

Il 21 agosto del 1862 nasceva a Verona Emilio Salgari, il ‘padre’ di Sandokan e del Corsaro Nero. Autore di romanzi d’avventura di successo, dunque, ma anche di noir e fantascienza. E’ stato però uno scrittore sfortunato, inseguito dai problemi economici e dalla follia. Non tanto quella paventata in modo ironico e smargiasso nella citazione tratta da una lettera alla sua “bella innamorata”, quanto piuttosto quella reale che ha colpito tutta la sua famiglia, dal padre, alla adorata moglie, a se stesso e anche ai figli.

Scrittore dall’alterna fortuna in vita, viene oggi ricordato dalla casa editrice Garzanti con la pubblicazione di “Capitan Tempesta” e “Il leone di Damasco”, due suoi classici d’avventura, la cui edizione esce arricchita da 40 illustrazioni d’epoca. Una continuazione degli omaggi iniziati l’anno scorso, con le celebrazioni dei cento anni dalla morte, avvenuta il 25 aprile 1911 a Torino. Si uccise come avrebbe potuto uccidersi uno dei suoi personaggi, facendo harakiri. I funerali avvennero al Parco del Valentino, ma passarono inosservati, perché Torino allora era impegnata con l’imminente festa del 50.mo anniversario dell’Unità d’Italia. La sua tomba fu traslata in seguito nel Cimitero Monumentale di Verona dove trasse l’ispirazione per molte avventure scritte successivamente dopo il trasferimento in Piemonte insieme alla moglie Ida. A Torino, Salgari inseguì il sogno di una vita da ‘bohemien’. I ricordi del figlio Omar, che morirà suicida anche lui come il padre e il nonno e un altro fratello, ci consegnano una figura di eterno goliarda, chiassoso ed esuberante, che costringeva i familiari e perfino la donna di servizio a tirare di scherma. E organizzava corse di gatti, ognuno con attaccato un carrettino dipinto.

Ecco il ritratto che ne fa il critico Pietro Citati: “Amava vagabondare per le osterie della collina e giocare a tressette, come l’ultimo erede della Scapigliatura lombarda. Era un ingenuo, un innocente mitomane. Non poteva coricarsi senza versare profumi sulle lenzuola, che così sapevano di ‘foreste e di tropici, di alghe marine e di venti del sud’. Intingeva la penna in un inchiostro di bacche, che aveva fabbricato con le proprie mani“.

Non aveva molto dello scrittore per ragazzi – chiosa Citati – era a suo modo uno scrittore autentico. Salgari rovistava ancora nel grande sabba romantico. Quando prendevano in mano i suoi libri, gli ammiratori non sapevano di sfogliare, in una volta sola, meravigliosamente semplificati, i romanzi neri e i poemi di Byron, i romanzi marini di Victor Hugo, il ‘Conte di Montecristo’, il ‘Vascello fantasma’, il ‘Signore di Ballantrae’, Conrad e persino Gabriele d’Annunzio“. Una sintesi che, a tutt’oggi, risulta talmente moderna da riuscire ancora a sorprenderci.

Fonte: Adnkronos

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