Il bravo imitatore si riconosce dal cervello, ma la Gelmini protesta

Altro che doti mimiche e vocali: la bravura dell'imitatore sta tutta nella sua testa. Un gruppo di ricercatori inglesi ha scoperto che il segreto del talento posseduto da alcuni di imitare alla perfezione tanti personaggi si trova nel cervello e per l'esattezza in un'attivazione di un numero di aree cerebrali maggiori rispetto quanto fatto dalle persone normali per parlare.

Secondo quanto rivelato da Sophie Scott, della University College di Londra al meeting della Society for Neuroscience tenutosi la scorsa settimana a Washington, nei bravi imitatori durante le performance, si attivano aree del cervello legate alla percezione visiva e circuiti motori che rendono la voce imitata perfettamente uguale all'originale. Nelle persone incapaci di imitare, ad ogni tentativo corrisponde, invece, una attivazione delle sole aree del linguaggio che normalmente tutti adoperiamo per parlare.

Scott ha spiegato che questa differenza è segno che solo gli imitatori sono capaci di mettere in gioco tutta una serie di processi neurali che hanno a che fare con l'osservazione e la riproduzione di mosse e atteggiamenti del volto e del corpo della persona imitata. In altre parole non si limitano solo a giocare col linguaggio, ma entrano letteralmente nel personaggio, ed è questa capacità di immedesimazione che alla fine determina la ''fedeltà dei suoni'' imitati.

Ovviamente non disponiamo di dati certi sui nostri Guzzanti, Emanuela Aureli, o Dario Ballantini, né potremo mai verificare con Alighiero Noschese o Gigi Sabani, anche perché la ricercatrice si è basata sul confronto con la risonanza magnetica nucleare tra quel che accadeva nel cervello di Duncan Wisbey, famoso imitatore inglese, e di individui non professionisti nell'atto di riprodurre vari personaggi celebri come Arnold Swartzenegger, Paul McCartney, Tony Blair.
L'esame ha però rivelato differenze evidenti. Infatti, mentre nel cervello dei non imitatori si "accendevano" prevalentemente i centri del linguaggio, come l'area di Broca, in quello dell'artista si attivavano anche il lobo parietale, associato con l'elaborazione dell'informazione visiva, le aree motorie associate ai movimenti di viso e braccia, quelle uditive, legate all'elaborazione dei suoni. "Questo significa che mentre i soggetti non imitatori fanno affidamento unicamente sui loro normali sistemi di produzione del linguaggio per cambiare la propria voce e renderla somigliante a quella di qualcun'altro – ha spiegato Scott – gli imitatori professionisti pensano alle sembianze e alle movenze della persona che stanno imitando".

E questo non accade solo quando si imita un personaggio in particolare. Infatti, quando al campione è stato chiesto di imitare genericamente l'accento cinese senza nessun riferimento a persone note, le differenze, sia in termini di risultato (fedeltà dell'imitazione) sia di attivazione neurali, non passano inosservate, ma come ha confessato lo stesso Wisbey, per la sua interpretazione dell'accento orientale si è ispirato a una donna cinese che vende erbe medicinali proprio sotto casa sua, rivelando quindi una tendenza a rifarsi comunque a qualcuno di noto "entrandovi dentro".

Questo studio non dice se queste differenze a livello cerebrale sono innate negli imitatori o se piuttosto derivano dall'allenamento a cui si sottopongono, ma la ricercatrice sta già lavorando in questo senso e prossimamente osserverà con la stessa metodica studenti di teatro che seguono corsi di imitazione per vedere se e come il loro cervello cambia con il training.

La stessa prova potremmo però farla in Italia visto che diversi personaggi diventati bersaglio di comici e imitatori ultimamente si sono lamentati della fedeltà dei loro alterego televisivi.

In particolare, il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini che non proprio si riconosce nelle imitazioni che le fanno nei vari programmi televisivi potrebbe chiedere la prova scientifica e visto che secondo lei è una questione di tempo e pratica potrebbe perfino precedere la ricercatrice inglese e verificare col tempo come cambia il cervello dei suoi imitatori.
"Se gli imitatori avessero aspettato e mi avessero dato l'opportunità di farmi conoscere forse avrebbero colto qualche aspetto più divertente" ha sentenziato il Ministro nell'intervista rilasciata ad Alain Elkann per La 7 andata in onda sabato.

Insomma "devono lavorarci" e dopo averla conosciuta di più potranno fare meglio … e chissà, magari far accendere come un albero di Natale il cervello visto con la risonanza magnetica.

Io però avrei anche un'altra curiosità: mi piacerebbe infatti sapere se alla risonanza magnetica esiste differenza tra imitatori come Dario Ballantini che passa ore e ore al trucco per assomigliare anche fisicamente al personaggio imitato e imitatori come Gigi Sabani a cui bastavano invece un cappello o un paio di occhiali.

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