Mourinhestia: «Dio mi stima»

Josè Mourinho non si smentisce mai! Riesce a essere così deliziosamente Mourinho anche nei contesti in non ci si aspetterebbe nemmeno di trovarlo. L’ultima sua esternazione, figlia del già noto «Dio, e dopo Dio io», è andata a farla niente meno che alla Cope, la radio spagnola controllata da Conferenza Episcopale, diocesi, gesuiti e domenicani dove gli chiedono subito se ha mai pensato cosa il Signore possa pensare di lui, visto che ha più volte detto di temere solo Dio.
Mourinho non si scompone e a domanda risponde senza troppi giri di parole: «Deve pensare che io sia un bel tipo. Deve pensarlo davvero, altrimenti – spiega – non mi darebbe così tanto. Ho una famiglia incredibile, lavoro dove ho sempre sognato di lavorare. Mi ha aiutato così tanto a conseguire tutte le cose che ho che deve avere un’ottima opinione di me».

Con questo si guadagna il posto nella rubrica Sportivamente, pensieri e parole nello sport, anche se in fondo bisogna ammettere che non c’è molta differenza tra lui è i tanti che dicono «Dio mi ama», come i calciatori che arrivano a scriverselo sulla maglietta per mostralo al primo gol segnato. È una questione di priorità e valori diversi: per la maggior parte dei comuni mortali è, evidentemente, più importante che gli altri dimostrino di amarli. Per Mourinho, invece, conta di più la stima e l’apprezzamento che tutti, Dio compreso, hanno di lui.

Resta il fatto che bisogna avere una gran stima di se stessi per dire che «Dio ci stima» anziché «Dio ci ama».

Infatti, mentre nel secondo si sottintende un rapporto con Dio asimmetrico, come appunto quello filiale sostenuto dalla Chiesa, nel primo caso si sottintende un rapporto quasi paritario.

E meno male che non ha detto «Dio mi ammira», invertendo quel piccolo gap che ancora lo tiene un passo indietro a Dio.

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