Un salvagente per l’anima

«Lavorare in questi giorni è molto rilassante.
Mi sembra di essere sempre in mezzo alla natura
e davanti alle emozioni della vita, mi lascio trasportare
perdendo completamente la percezione del tempo e del luogo.
Da questo naufragio, come un salvagente, emergono le mie opere.»
Paolo Fabbro, pittore

Quando si è artisti dover rimanere in città ad agosto per lavoro non è poi così pesante. L'occhio più sensibile e affinato di chi è abituato a cercare il bello nelle grandi come nelle piccole cose, potrebbe anzi vedersi dischiudere le porte su un mondo solitamente nascosto alla vista dal caos e dalla frenesia dei suoi abitanti, ora fuggiti verso luoghi più freschi e, a loro dire, tranquilli.

Lo sa bene Paolo Fabbri, pittore di Bollate, che da alcuni anni trascorre l'estate in città, dipingendo gli scorci più belli dell'hinterland milanese. La sua è una ricerca tra le foto ingiallite dal passato e tra quel poco che non è stato ancora distrutto dalla ruspa e dal cemento. Cascine, edicole votive, vecchie stazioni, osterie e lavoro nei campi sono i soggetti che preferisce immortalare con colori e pennelli. Quest'anno è la volta di Novate Milanese e i "salvagenti" che ne usciranno serviranno per realizzare un calendario per Le cermiche Speretta, il committente. Ma anche «per ricordare una città che non c'è più», se non come tracce sepolte dal rumore e dal caos di oggi.

Paolo Fabbro è nato il 14 luglio 1941. Ha trascorso la sua infanzia a Bollate dove la sua famiglia, di origine venete, si era trasferita nell'immediato dopoguerra in una delle antiche corti di Via Magenta.
Cresce nel clima di quella vita bollatese contadina e di corte più volte raccontata nei suoi quadri. Dopo aver frequentato l'Accademia di Brera sotto la guida dei Maestri Cantantore Gino Moro, ha iniziato la sua attività come illustratore pubblicitario presso l'Ufficio Pubblicità della Rinascente.
Insegnante di educazione artistica per undici anni si è poi dedicato dal 1980 ad oggi alla pittura a tempo pieno.

Fabbro possiede una particolare sensibilità nell'accostarsi alla natura e alle persone che in essa vivono. Nelle sue opere traspare costantemente una rilettura dolce e commossa di tempi, luoghi che solo la nostra memoria ha saputo conservare e mantenere.
Un suo dipinto di grandi dimensioni si trova sullo scalone del Palazzo Seccoborella, sede della Biblioteca.
Donato dall'autore in occasione dell'inaugurazione, nell'opera è rappresentata una scena della vita contadina che sino alla fine degli anni ottanta si è svolta nell'edificio.

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